Il lavoro dei campi                                  antichi mestieri

Ogni latifondista su meri, il padrone, disponeva di operai, ai quali dava una paga giornaliera di circa tre lire. 
Tutte le mattine, prima del sorgere del sole, essi si recavano con la propria zappa sulle spalle a sa domu de su meri, la casa del padrone.
La zappa era di proprietà dell’operaio il quale doveva averne buona cura, affilandola quando era necessario, a proprie spese.
Uomini e donne andavano a lavorare i campi: seminavano le fave e i legumi; zappavano il grano e gli altri cereali e nel tempo della mietitura che ogni mietitore aveva la sua spigolatrice.
Si pranzava tutti assieme e il pranzo veniva servito dalle donne in recipienti ornati di fiori e consisteva in pane, olive, formaggio di pecora e salsiccia secca.
Dopo il pranzo, gli operai si concedevano un po’ di riposo: era questo il momento in cui si chiacchierava, s’intonavano mutettus o s’improvvisava un ballo al suono di un organetto, e poi si proseguiva col lavoro.
Nel tempo della mietitura, quando si faceva s’incungia cioè quando si portava il raccolto a casa, "era festa grande”: sui carri, uomini e donne suonavano e cantavano. Sulla parte anteriore della gerla, ornata di fiori e di piccole immaginette, veniva innalzata una croce fatta con le spighe di grano.
Si passava la sera con gli amici a raccontare storielle antiche: erano questi i contixeddus sardus che venivano ripetuti da padre in figlio o inventati da chi aveva una fervida immaginazione.


 
 


Anni 50: Carro a Buoi durante la vendemmia.


Anni 40: operai al lavoro in un campo di fave
 


Donna anziana mentre mette ad   essiccare al sole i pomodori da usare
   durante l'anno per insaporire i cibi. 
 


Anni 50: Trebbiatura nell'aia.